Nel suo Jazz, hot and hybrid Winthrop Sargeant sottolineava che l'apparente libertà del jazz potesse essere messa in discussione solo con un superamento delle sue linee armoniche: bisognava evitare le ripetizioni, le idiomaticità, compiendo un salto qualitativo nel valore delle prospettive improvvisative. Non è un problema di poco conto se lo rapportiamo all'ontologia della musica e a ciò che può essere pensato come arte: nella libera improvvisazione sarebbe praticamente impossibile stabilire una struttura invariabile, con proprie caratteristiche, e sarebbe difficile anche la qualifica di questa musica nell'ambito di quel privilegio che la considera arte, che si fonda sulla possibilità di revisionare un'opera. Ho già espresso in passato un motivo di diniego di queste teorie, perché convinto assertore di una teoria che può trovare valenze artistiche anche nel solo "cappotto" istantaneo; l'arte improvvisata condensa possibilità di identificazione pari a quelle con una definita ontologia solo se passiamo ad altri punti di riferimento, e un'accostamento alle altri arti (pittoriche, letterarie, etc.) è sempre verificabile, si può comunque enucleare un unicuum musicale, tralatro disponibile anche al suo ingabbiamento in una registrazione discografica.
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Puntando sull'effervescenza degli interventi, Explicit è simile ad un dipinto astratto che si forma real time per effetto di due pittori che lavorano free sulla stessa tela, l'uno di fianco all'altro: se si escludono gli accenti dialogici delle tre brevi chat (First, Second and Birds chat), l'impostazione è quella di andare ognuno per la sua strada, con un orecchio a quanto succede nelle collisioni e sovraesposizioni strumentali delle improvvisazioni, che si presentano con colori "ontologici". Il dipinto di Roeland Zijlstra in copertina, mostra una donna attenta (Mrs. Brusselsmans), seduta ad un tavolo su cui compaiono un annaffiatoio e qualcosa che sembra un idrante, dove alle bocche sono piazzate tre lampadine; il tutto con un sfondo ritagliato da una finestra che allunga la prospettiva e subodora le configurazioni dei tetti e il taglio degli edifici come in un dipinto alla De Chirico. Zijlstra è un'artista specializzato in ritratti, probabilmente colpito dalle posizioni umane (ora ambigue ora espressive di un atteggiamento), ritratti che vengono lavorati con addensamenti di colori e con una spontaneità che stilisticamente fa pensare alla fumettistica. Se mettete assieme quanto detto avrete accesso alle finalità della musica di Mimmo e Golia: quella donna mette in moto un ragionamento complesso dell'improvvisazione, che fonde la scoperta, l'ottenimento di una chiave di volta per le azioni dei musicisti, intenti a creare vortici e tessiture, con sfumature che lasciano tinte di umorismo e di spettralismo sonoro.
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st( )ma è un concept solista, risultato di uno sforzo creativo che deriva da una tremenda ispirazione, quella della perdita della madre del musicista: "...ho maturato la convinzione che i moti dell'animo abbiano bisogno di una "casa" in cui albergare perché non ci esplodano dentro...(sic)...per fare ciò è necessario un processo di codifica, di trasformazione e traduzione, delicato e complesso...." (Calcagnile nelle note interne); la titolazione richiama diversi significati, ma quello visto come "bocca delle piante" è certamente il più usato in questo lavoro, poiché si realizza l'idea della trasformazione prima citata: questo avviene sia musicalmente per delimitare un passaggio biologico o metafisico, sia nel video accompagnatore di Bruno Pulici, per sfruttare un simbolico raggio d'azione. Tuttavia, non meno importanti, sono i mezzi utilizzati nella trasmutazione, un obiettivo che viene sviluppato nei 6 brani di st( )ma con gradualità, passando anche da un'estetica dell'allucinazione, del disgusto e del repellente: nel video a supporto, ampio spazio viene dedicato al cammino di un insetto, dove la capacità di ingrandire lo scenario (anche una goccia d'acqua sembra poterci impensierire) suggerisce un'arte alla Anish Kapoor, qualcosa che nella musica contemporanea il compositore Santi Gubini ha colto ultimamente come musica dei vermi; il tema del "vuoto", l'uso delle tinte rossastre, la reazione ripugnante che cerca di sistemare sullo stesso piano timbrico insetti e strumenti, affiorano nella musica di Calcagnile sotto forma di segnali acustici repulsivi, di drumming irretito ed invocante, di configurazioni miste tra ancestralità e moderne possibilità poliritmiche (la condivisione dell'arte antica di Harry Partch con un batterista di intelligence dance music), di spazi acustici aperti all'imprevisto e al desiderio di sperimentare un baratro. E' un'estetica della "voragine" che va oltre l'oscurità o la meditazione ingenua di tanti percussionisti: è composizione che potrebbe discendere dalla drammaturgia teatrale, abbozzando caratteristiche nuove del suo modo di essere.