Brevità e profondità cognitive di un circolo culturale svizzero-ungherese


Uno dei migliori modi per festeggiare un'ottantesimo anno di età è quello di sentirsi soddisfatto e spiritualmente vicino alle opere su cui si è tanto lavorato: gli 80 anni sono scattati anche per Heinz Holliger, portando in dote (tra le altre cose) un cd che lo svizzero ha registrato con Gyorgy Kurtag nella collana classica dell'Ecm. Zwiegesprache più che un disco è una vera e propria celebrazione di una storia e di un pensiero articolato: si sale alle origini, a quando il compositore ungherese Sàndor Veress si dovette trasferire in Svizzera per ragioni di insofferenza politica; Holliger fu l'allievo prodigio di Veress e nella materia specialistica dell'oboe ne raccolse le pretese compositive. In quegli anni Holliger è all'inizio di una carriera scintillante dove, di fianco alla classe di Veress, matura per proprio conto un'esplorazione completa dello strumento e delle sue possibilità musicali (lo svizzero sarà punto centrale dei cambiamenti timbrici ed estensivi dell'oboe che interesseranno le pratiche compositive di Berio, Carter o Feldman). 
Holliger, attratto dai possibili rinnovamenti dell'arte barocca, portò a termine nel 1957 una Sonata per oboe solo, 4 movimenti dotati di preludio, capriccio, aria e finale, un pezzo straordinariamente importante per un ragazzo di appena 17 anni; fino a quel momento, l'oboe era quasi sempre usato all'interno delle orchestre e nella maggior parte dei casi con funzione timbrica preassegnata. Webern aveva cambiato le prerogative dell'oboe, quando nella Passacaglia op. 1 del 1908 ne fece un uso particolare, un indizio che spronò anche la creatività di Veress, il quale nel 1961 ne comprese la portata, componendo una specifica composizione per oboe ed orchestra (vedi qui), in cui affidava ad Holliger il ruolo solista. In quella composizione si erigeva una contrapposizione eccellente tra la string orchestra e l'oboe stesso e si raddoppiavano, in definitiva, le funzioni, perché se da una parte si viveva un magnifico linguaggio dialogico tra l'oboe e l'inafferrabile tensione degli strumenti ad arco, dall'altra l'oboe affrontava per conto suo nuovi scenari umorali, ufficialmente passando dal "sogno" alla "realtà", dall'"incanto" al "dibattito" riflessivo. E' un momento speciale della storia dello strumento che non durerà molto, poiché di là a poco la voglia di sperimentare e di estendere le ricerche timbriche sull'oboe prenderanno il sopravvento: fu qualcosa che invero investì tutta la musica classica, che in quegli anni si concentrava su applicazioni personalizzate del serialismo viennese. 
L'influenza di Veress spande i suoi confini in molta composizione ungherese: un debitore riconosciuto è Kurtag, che ad un certo punto del suo percorso artistico, ha anche scoperto di avere delle affinità con Holliger sia musicali che letterarie: alla fine dei novanta Kurtag costruì un nutrito repertorio per oboe composto con il suo marchio, quella cultura della brevità che l'ha tanto contraddistinto, adesione ai modelli poetici di uomini come Philippe Jaccottet o Fabio Pusterla, che per molto tempo tennero in vita la fiamma del componimento breve, spersonalizzato nella narrazione e teso alla ricerca di un senso da ottenere tramite l'osservazione della realtà. La raccolta degli Airs, le poesie di Jaccottet che molti vedevano come la risposta europea degli haiku orientali, riproponevano una contrapposizione piuttosto frequente nelle arti, quella per cui le poesie del circolo culturale svizzero mettevano in castigo le necessità della narrazione in prima persona, per trovare significati nella segnaletica fornita dalla percezione senza soggetto narrante, una scossa impersonale da trovare nell'esperienza di vita; queste condensazioni poetiche si coagularono intorno ai suoni, che per dimensioni e tecnica compositiva, ne mutuarono l'essenza: non solo brevità, ma anche enigmaticità dei suoni, uso del silenzio o della sottolineatura fioca, musica che importa dentro di sé potenza, che si libra tra gli alberi. 

Kurtag dedicò Einen Augenblick Lang a Holliger ed assieme a lui verificò la lezione di Veress incrociando il tono realistico dell'oboe con quello disponibile su corno e clarinetto basso, in modo da riattivare quell'embrione abbozzato da Webern nella sua Passacaglia; sono tantissime le plurime similitudini che Kurtag e Holliger hanno mostrato negli ultimi dieci anni circa, anni in cui le rispettive composizioni seguono la stessa impostazione e Holliger inserisce nella partitura i versi di Jacottet, come impliciti mezzi di persuasione sensoriale delle parole, da trasferire nella musica. 
In Zwiegesprache si intercettano tutte queste considerazioni, si scopre la dimensione felice di Holliger in mezzo alle molte percorse negli anni (si badi bene, una felicità che proviene tutta dall'autore) e si dà conto forse della chiusura di un cerchio, quello che era partito con la Sonata del '57. Sono frammenti di una maturità invidiabile. 


Une semaison de larmes
sur le visage change,
la scintillante saison
des rivieres derangees :
chagrin qui creuse la terre
L'age regarde la neige
s'eloigner sur les montagnes

Jaccottet, primo dei sette poemi di Airs



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