Suoni della contemporaneità italiana: il perspicace senso dello sviluppo musicale di Mattia Clera


Comporre musica dovrebbe anche significare ricerca di un collegamento estetico. Tutti coloro che impostano una costruzione della loro musica (non importa se più o meno piena di elementi) sanno che risvolti può prendere a seconda delle scelte compiute; la gamma dei materiali utilizzati porta a delle conclusioni conosciute, sulle quali sarebbe possibile rintracciare una casistica emotiva avente anche un basso grado di soggettività. Quando il collegamento funziona bene vuol dire che la forza metafisica delle partiture ha compiuto i suoi effetti e si è in grado persino di valorizzare un sentimento (o una plurima combinazione di essi) che qualifica l'operato del comporre. 
Per Mattia Clera, giovane compositore di Venezia, nato nel 1987, trovo quel collegamento. Clera ha studiato con Gardella, frequentato importanti masterclass con compositori decisivi del nostro tempo ed ha avuto l'onore di vedere le sue composizioni eseguite da alcuni dei nostri musicisti più eccelsi (i pianisti Alberti e Bellocchio, il flautista Cesari, il cellista Dillon, nonché il Divertimento Ensemble, il Quartetto Prometeo e il MDI Ensemble). Perché questo interesse per un compositore che sta rapidamente salendo di consensi, dopo che nel 2015 è stato secondo al Premio S. Fedele e nel 2017 ha vinto l'AFAM Competition for Young Composers? Presto detto: la qualità tecnico-emotiva della sua musica! Ci troviamo di fronte ancora a poche composizioni, ma estremamente valide: tra queste La sola distanza (2015), per chitarra elettrica in solo, A cracked mirror (2017)*, per ensemble e In una e Lei (2018), primo quartetto d'archi del compositore, consentono di affermare/acclarare quel collegamento di cui dicevo prima. L'ascolto della sua musica suscita il senso dello sviluppo, come nell'osservare un rubinetto da cui scorre acqua e calcare; c'è forse persino un presagio real time, che si avverte nella profondità dell'osservazione, ma che non è però finalizzato necessariamente ad un evento negativo, è neutro!. La musica di Clera è estensiva, spesso richiede ai strumentisti un'energia costante e fuori misura; puoi verificarlo in quanto succede alla chitarra per gran parte di La sola distanza (sgranata sui timbri, in modo da somigliare ad un tombino di acciaio che rotola o si stabilizza), al clarinetto basso di A cracked mirror (continuamente messo sotto sforzo distorsivo) o agli archi di In una e Lei (strapazzati abbastanza ma in grado di restituire un'idea estetica). C'è qualcosa che si allaccia a Romitelli, ma sarebbe già un errore andare oltre un semplice accostamento perché le influenze sono multiple; ho pensato che sarebbe stato preferibile avere un feedback direttamente da Clera. 

EG: Quali sono i principali modelli ispiratori della sua musica?
MC: "...Per quanto riguarda gli autori che mi interessano e che hanno influenzato il mio lavoro posso citare dei nomi divisi in tre gruppi:
-quelli che mi hanno spinto ad interessarmi alla musica contemporanea in prima istanza (Giacinto Scelsi, Salvatore Sciarrino, col quale ho avuto modo di studiare per due anni, e Luigi Nono);
-quelli cui guardo ora come riferimento nel distinguere la musica che mi interessa da quella che non, e che costituiscono anche una sorta di traguardo ideale verso il quale tendere (Giorgio Netti con il quale ho studiato privatamente per 3 anni, Pierluigi Billone ed Emiliano Turazzi);
-coetanei che sono molto più avanti nelle loro carriere di me (e molto più di successo) e a quali guardo sempre con interesse anche solo per capire cosa sta succedendo di interessante nella musica colta d'oggi (Clara Iannotta, Maurizio Azzan e Jon Yu).
Ci sono molti altri nomi ma per brevità mi fermo qui...."

EG: Può indicarmi se ci sono particolari finalità da estrapolare nella musica?
MC: "...Per quanto riguarda il tipo di lavoro compositivo che conduco e le sue finalità, i centri d'interesse sono molteplici e sincronici, nel senso che senza uno vengono a mancare gli altri. 
Sforzandomi, direi che il principale potrebbe essere quello di lavorare con suoni periferici (ai confini dello strumento) ma di ritrovare attraverso l'articolazione del materiale musicale una qualità "figurale" soggetta a molteplici trasformazioni, piuttosto che agli oggetti sonori, e di provare a generare forma attraverso variazione e sviluppo di eventi che attraggono la mia immaginazione.
In parole poverissime (quasi volgari) mi interessa ricercare le qualità vocali ed espressive della musica in suoni che ad uno sguardo superficiale non appaiono musicali. 
Mi interessano i contrasti che possono scaturire dal prendere qualcosa e trasformarlo fino a farlo diventare qualcos'altro, di generare movimento nel suono e di provare a uscire dalla logica della "texture", che può essere qualcosa che mi piace molto nella musica di altre persone, ma che non mi interessa nella mia ... poi sicuramente ci sarà chi, ascoltando il mio lavoro, penserà che mi occupi di costruire delle texture, ma questo credo potrebbe imputarsi al diverso peso che diamo al termine in sé..."

Se oltre alla sua pagina soundcloud vi avvicinate a quanto è disponibile su youtube, vi accorgerete che Mattia è anche un chitarrista speciale, praticante dell'U10 Touch Guitar, strumento progettato da Markus Reuter in grado di fare quello che un basso ed una chitarra elettrica farebbero assieme e che richiede una tecnica particolare per essere suonato (vedi qui); ma sembra che non ci sia ancora un interesse compositivo adeguato per questo strumento, che invece ha suscitato naturalmente più curiosità ed applicazione nella musica rock ed ambient. 

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*Nota:
Esiste una "revisione" di A cracked Mirror dal titolo Mirroring, che Clera considera più riuscita. E' stata caricata su youtube l'esibizione del Divertimento Ensemble alla Palazzina Liberty di Milano, ma Clera mi ha detto che si attiverà per caricare correttamente il pezzo sulla sua pagina soundcloud ed evitare confusione.


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